Resistente nel tempo

e i miei amici io li ho chiamati piedi
perché ero felice solo quando si partiva...
(analfabetizzazione - claudio lolli)




lunedì 24 settembre 2012

La storia di Micuccio

Avevo promesso ad alcuni di voi che ci sarebbe stato un seguito al post di giugno dopo l'ennesimo rientro dagli Stati Uniti. In quel post dicevo che la storia legata a questa famiglia Chillemi meritava un post a parte. Post che, a fronte di questa promessa che qualcuno mi ha anche risollecitato facendomi particolarmente piacere, mi sono deciso a scrivere. Tutti sanno che io mi chiamo Chillemi di cognome! Ebbene, la storia che sto per raccontare riguarda un incontro che ho avuto nell'estate del 1992, quello con un'altra famiglia Chillemi che abita negli Stati Uniti, incontro che ha segnato nella mia vita una svolta direi decisiva, come scrivevo alla cara Milena qualche giorno fa! Prima di raccontarla, però, vorrei riportare un pezzo che ho scritto dopo quasi un anno dal quel mio primo ritorno da New York (ora siamo a quota 24) e, quindi, dopo aver conosciuto questa splendida famiglia e aver avuto modo di rifrequentarla almeno un  altro paio di volte qui in Italia.

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Qualche giorno fa, a Chieti, sono andato a salutare mia madre e abbiamo cominciato a parlare di diverse cose, e io come al solito ho dovuto fare una fatica incredibile per riuscire a stare dietro ai suoi discorsi, che erano sempre i soliti. A un certo punto si parlava delle difficolta' di vivere in Italia oggigiorno, e in un attimo ci siamo trovati a parlare degli Stati Uniti e del fatto che in me hanno provocato un'attrazione che non esiterei a definire quasi incredibile, soprattutto tenuto conto del mio grandissimo scetticismo nei confronti di questo paese, che era radicato in me, fino a prima di mettervi piede, in un modo assurdo, tanto da rifiutarne ogni cosa. Sicuramente mi ero molto lasciato condizionare dalle mie idee politiche fondamentalmente di sinistra, e per questo non riuscivo ad accettare gran parte di cio' che riguardava l'America, a cominciare dalle decisioni di Reagan, con le quali io probabilmente identificavo tutti gli USA. Certamente anche oggi tante situazioni politiche, per me assurde, rimangono, ma come dicevo a mia madre mi sono dovuto ricredere su diversi punti, o meglio, semplicemente ho scoperto che tante cose bisogna invece toccarle con mano prima di poterle apprezzare.

Non sono subito riuscito a spiegarmi il grande amore per gli Stati Uniti, che mi ha colpito in un modo quasi violento, fin dai primi giorni in cui ero li'.  E' stato per me un qualcosa che mi aveva sbalordito perche' senza dubbio inatteso, visti anche i precedenti, ma che non potevo negare essere davvero di un piacevole assurdo. Tuttavia non sapevo bene che cosa fosse esattamente, non capivo il perche' in questo anno spesso mi sono ritrovato a pensare di volermi trasferire li', nonostante tutte le difficolta' politiche e di pensiero, fra cui non ultima il fatto che si tratta di un paese in cui vige la pena di morte, cosa che io non accettero' mai, soprattutto pensando a quanti innocenti probabilmente sono stati ammazzati ufficialmente a causa di questa orribile legge, e non rende certo tranquilli pensare che cio' potrebbe succedere anche a te, vivendo li'.  Era pero' innegabile il fatto che non mi ero mai sentito solo li', anche se fisicamente lo ero, la serenita' che mi dava il fatto di trovarmi li' non era una cosa da poco. Prendere la macchina e girare mi dava una gran sensazione di liberta' e nello stesso tempo di appagamento, una cosa che riusciva anche a scacciare tutto quello che di negativo c'e' nella solitudine.

Ma era parlare con le persone che mi gratificava piu' di ogni cosa, facendomi vivere bene anche i momenti di solitudine. Non mi sono mai reso conto veramente di quale fosse il motivo, fino a che l'altra volta, parlando con mia madre, e' venuto fuori quale sia il vero succo di queste mie considerazioni.  La conclusione non poteva essere che una, e cioe' il modo che le persone li' hanno di rapportarsi con gli altri, l'approccio completamente opposto su cui loro basano i rapporti umani rispetto a quello che invece c'e' generalmente in Italia, dove la prima cosa che senti e' la diffidenza, e tu devi dimostrare che ci si puo' fidare di te prima di essere accettato.  Per gli americani non e' cosi'.  Loro hanno subito fiducia in te, e solo dopo, se tu sul serio non te la meriti, ma devi averla in un modo o nell'altro proprio fatta grossa, questa fiducia viene meno. Se invece si conferma in loro questa fiducia iniziale, cosa che per altro avviene automaticamente, senza nessun tipo di sforzo da parte di nessuno, allora e' sicuro che non ti lasceranno mai piu', e tu non hai dovuto far altro che essere te stesso per meritarlo. Anche io sento di essere cosi' e di voler rimanere cosi'.
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Ecco, si trattava del mio primo viaggio negli Stati Uniti e, da quello che si può leggere, si capisce come si possono mettere decisamente in discussione certi preconcetti semplicemente entrando a contatto con le persone, che poi sono sempre quelle che ci condizionano nella vita di tutti i giorni e sono quelle su cui, secondo me, va impostata la propria vita.

Fra queste persone, di cui parlavo nel pezzo del 1993 che ho inserito sopra, c'è questa famiglia, che si chiama come me e abita a White Plains, una città a circa 80 chilometri a nord di New York.  Voglio raccontare tutto per filo e per segno, chiedo scusa per la lunghezza, ma accorciare sarebbe raccontare una storia monca.

Mi trovavo in ufficio a Poughkeepsie, un piccolo centro come sapete in riva all'Hudson, a circa due ore a nord di New York, e stavo lavorando naturalmente al computer. Era più o meno l'inizio di agosto del 1992.  Sapevo che in ufficio in Italia stavano cambiando le centraline telefoniche, e i miei colleghi statunitensi continuavano a chiedermi il mio numero di telefono in Italia... naturalmente io sapevo quello vecchio (lo ricordo ancora), e per sapere il nuovo dovevo per forza collegarmi con la directory online della mia azienda e vedere quale fosse questo nuovo numero. Per qualche giorno questa directory non fu disponibile. Arrivammo al 10 di agosto, o giù di lì, e alla mia ennesima richiesta, come per incanto, comparve la directory... ma... ehi ehi, che succede, non ero io l'unico Chillemi in azienda? Beh sì, ma in Italia! E allora? Semplice, avevo sbagliato directory, e anziché entrare in quella italiana ero entrato in quella comprendente tutto il mondo, e per questo, oltre a me, c'erano altri due Chillemi di cui ignoravo completamente l'esistenza!  Uno aveva sede di lavoro mi pare ad Atlanta, e non l'ho mai conosciuto, l'altra invece si chiamava Marietta e la sua sede di lavoro era Purchase, un paesino alle porte di White Plains (mi sa che si comincia a intuire qualcosina). Ho ripensato a queste due persone per quasi mezza giornata, fino a quando, poco prima di tornare al residence, mi decido e scrivo una mail a entrambi, dicendo che io ero italiano e mi trovavo a Poughkeepsie, raccontando di questa casualità e chiedendo loro di farsi sentire se ne avessero avuto voglia. Il primo non rispose mai. La mattina dopo  sento un trillo al mio telefono...era Marietta, che aveva appena letto la mail ed era riuscita a risalire al mio interno telefonico. Mi racconta un po' della sua famiglia, mi dice che il suo fratello maggiore si chiama Domenico Chillemi e che il suo secondo fratello si chiama Michele Chillemi, proprio come me e mio fratello (esattamente i nostri due nonni, materno e paterno, avevano lo stesso nome), e dopo qualche risata di stupore e di allegria mi dice che i suoi genitori erano in Sicilia per le vacanze e che sarebbero tornati alla fine di agosto. Mi dà quindi il suo numero di telefono dell'ufficio e mi dice di richiamarla dopo pranzo. Nel frattempo lei chiamò i suoi genitori in Sicilia raccontando loro tutto. Sembra che un sesto senso abbia detto ai suoi genitori, Pietro e Nina, che qualcosa di bello sarebbe successa a breve. Li ringrazierò sempre di tutto il bene che mi hanno voluto e che, tuttora, lui mi vuole...lei non c'è più da anni purtroppo, e mi manca in modo assurdo! Non lo so...sta di fatto che, quando richiamai Marietta dopo pranzo, lei mi disse che i suoi genitori erano "very excited" da questa cosa che era successa e volevano assolutamente che io andassi a cena da loro non appena sarebbero tornati dalla Sicilia. Da quel giorno io e Marietta ci sentimmo un paio di volte, e puntualmente, all'inizio di settembre, arrivò la sua telefonata in cui mi disse: "Non ti sei mica dimenticato che DEVI venire a cena qui? I miei genitori non parlano d'altro da quando sono rientrati!" Questa cosa mi sembrava molto strana, ma nello stesso tempo mi mise addosso qualcosa di bellissimo, straordinario, che in questo momento non saprei descrivere bene a parole! Qualcuno desiderava ardentemente conoscermi! E la cosa eccitava molto anche me, che altre volte avevo vissuto la voglia assurda di conoscere una persona, e stavolta stava capitando proprio a me...ero io la persona che loro volevano a tutti i costi conoscere.

Prima di andare avanti riporto un altro pezzettino che ho scritto parecchi anni fa a una mia amica, per far capire che cosa intendo dire con "voler conoscere ardentemente una persona".

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Quando ero al liceo, come spesso accade (quella che sto per dirti e' una cosa che rimpiango molto) ci si trovava per suonare la chitarra e cantare, e anche io ero fra quelli che suonavano e cantavano.  Io ero nella sezione A, e nella B c'era un ragazzo, che si chiamava Antonello Iaccarino, che suonava la chitarra in un modo dolcissimo, e suonava tutte le canzoni che piacevano a me (Guccini e De André in particolare) alla perfezione. Io però non lo conoscevo di persona, e questo a volte mi dispiaceva moltissimo. Poi un giorno me lo hanno presentato e siamo andati la sera stessa a suonare insieme. Non ti dico quanto mi abbia fatto piacere averlo conosciuto. Ecco, la conclusione di questa storia che ti ho raccontato è per dirti che ancora oggi, dopo circa 20 anni, questa rimane una delle cose più belle che mi sia mai capitata ai tempi del liceo, anche se si tratta di una cosa molto semplice.
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Continuo con il racconto.

Fu così che, in preda all'entusiasmo, accettai, pur sapendo che con la mia timidezza avrei rischiato una figura di merda per il fatto che, se non mi fossi trovato a mio agio, probabilmente non avrei spiccicato una parola (non fu così, per fortuna...non dico che parlai molto, ma sicuramente mi trovai subito a mio agio). Marietta mi disse "Vieni stasera?" e io "Addirittura? Facciamo almeno domani!" E così mi spiegò la strada, e alle 5 del pomeriggio del giorno dopo mi misi in macchina e, dopo aver comprato una piantina per Nina, partii per White Plains, quasi un'ora a sud di Poughkeepsie. Ero molto preoccupato della mia timidezza, ma nello stesso tempo sentivo dentro di me che andarci sarebbe significato qualcosa per me. Sbagliai strada! :) Ovvio, no? Soprattutto per me, che una delle maggiori qualità che possiedo è sicuramente il senso dell'orientamento! Qualcosa voleva dire! E quando sbagli strada negli Stati Uniti, dove tutte le strade sono espresse con la combinazione "Numero-Punto Cardinale" diventa veramente un casino ritrovare la via giusta. Dopo quasi un'ora riuscii a trovare la direzione e arrivai a casa loro verso le 7. Visto che lì si cena alle 6 e mezzo, erano tutti fuori ad aspettarmi! Comprese altre due famiglie, loro parenti, che avrebbero cenato con noi! Che figura! Scendo dalla macchina un po' costernato e incrocio subito lo sguardo di una ragazza un po' sovrappeso, ma con un viso bellissimo e due occhi celesti da far spavento e lei incrocia il mio in maniera molto particolare (poi racconterò il motivo). Era Marietta, che ha 8 anni meno di me. Quando arrivai, baci e abbracci di tutti (ed era la prima volta che ci stavamo vedendo!) con un'accoglienza talmente calorosa, dolce, spontanea, che ogni disagio si è dissolto in pochissimi secondi! C'era di tutto per la cena e tutti cibi siciliani (io che non mangiavo roba italiana da circa un mese), arancini di riso, parmigiana, melanzane sulla pasta e tante altre cose, qualcosa di incredibile! Mentre si cenava ci facevamo a vicenda domande sulle nostre rispettive famiglie, in modo da trovare qualche legame possibile nella zona di Messina! Non lo abbiamo trovato, ma sta di fatto che il mio colore degli occhi, piuttosto raro (verde con contorno castano), è lo stesso colore degli occhi di Pietrino (lo chiamano tutti così affettuosamente)! E' stata una serata indimenticabile. Da quella sera loro mi avrebbero voluto a cena tutti i giorni, e poiché non era possibile per via del lavoro e dell'ora di macchina necessaria a raggiungere casa loro, tornai lì una volta alla settimana più il sabato e la domenica per tutto il mese di settembre, dormendo a casa loro! Mi hanno portato dovunque, anche al casinò di Atlantic City che si trova a ben tre ore di distanza! E' stato così che ho cancellato dalla mia testa Daniela, una siciliana di cui mi ero innamorato perdutamente e che non voleva saperne di me. Quando tornai in Italia mi resi conto che qualcosa di molto forte era cambiato! La mia esistenza si era arricchita di persone straordinarie, che hanno davvero dato una svolta alla mia vita!

Da allora non ci siamo più persi, e ancora oggi il rapporto con loro, oggi con mio cugino (ci chiamiamo così ormai, anche se lui ha già 82 anni) e i suoi figli, è molto intenso (quasi ogni anno vado a casa loro a White Plains per 2 o 3 giorni insieme a Maria, e quando loro vengono in Sicilia andiamo sempre a trovarli anche lì).  E anche loro infatti, dopo quella volta, spesso venivano in Italia anche a Natale e Pasqua per vedermi (oltre che per andare in Sicilia) ho passato con loro anche un capodanno nei primi anni 90. Abbiamo vissuto insieme momenti bellissimi, ma anche tristissimi, come la morte della povera Nina nell'agosto del 1997 (e questo resterà certamente uno dei più grandi dolori della mia vita...come dimostra il fatto che non sono andato al funerale...come non sono andato a quello del mio amico Gianni...oggi per fortuna questa cosa l'ho superata). Perché il bene che questa donna mi ha voluto non si puo' descrivere assolutamente con nessuna delle parole presenti sul vocabolario.

Ora basta con le tristezze. Era rimasto in sospeso il motivo dello sguardo fra me e Marietta. E' un motivo buffo! Infatti Marietta, dalla mia voce che aveva sentito al telefono, molto profonda e bassa, si era figurata un uomo di mezza età, sui 55 anni (che nemmeno adesso ho ancora dopo 20 anni eheh), con i capelli brizzolati (quelli ora ci sono), insomma una persona matura, e lei che allora aveva 24 anni naturalmente già vedeva questo rapporto diretto fra me e i suoi genitori, vedeva che sarei diventato il classico amico dei genitori. In effetti così è stato, ma in un modo un po' diverso. Quando mi vide, ebbe quasi un sussulto, perché non avrebbe mai sospettato che, in realtà, di anni ne avessi 32 (e pensò anche che fossi un bel ragazzo, come poi mi disse dopo qualche tempo). Questa cosa fu molto buffa, perché poi diventammo molto amici anche io e lei, ci continuammo a scrivere e facendoci anche molte confidenze, anche intime. Fu buffa perché io continuai a prenderla in giro dicendole "Tu pensavi che io fossi fat and ugly" e lei mi rispondeva "Don't tease me, non pensavo che eri grasso e brutto, semplicemente che eri più vecchio della tua età", e ridevamo tanto per questo motivo.

Maria e io eravamo gli unici al tavolo della famiglia
al matrimonio dell'anno scorso dell'ultima figlia di Pietrino e Nina 

Ma...che c'entra Micuccio? Beh, Micuccio è come mi hanno sempre chiamato, fin dal primo minuto, Nina e Pietrino. Ecco perché ci sono affezionato.